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"Sperare il domani"   versione testuale


 
Convegno II ricorrenza terremoto Molise, Puglia, Sicilia

Sabato 6 novembre 2004 - Lucera (Fg), Centro della Comunità

Strumenti pastorali che hanno favorito la crescita delle comunità cristiane
(Sac. vittorio nozza – direttore Caritas Italiana)
 
Le scelte di un cammino di due anni 2002-2004 fatto di comunione e corresponsabilità nella e della Chiesa nel territorio

Questo cammino di comunione e di corresponsabilità nella e della Chiesa in questo territorio e negli altri territori colpiti dal terremoto del 31 ottobre 2002 si è espresso attraverso alcune scelte e segni.

1. Il Centro di Coordinamento Interregionale Molise-Puglia
Sin dai primissimi giorni è emersa l’esigenza e la scelta:

  • di muoversi con lo stile della prossimità alle persone
  • e di garantire una molteplicità di presenze fino a quando le Chiese di questi territori si sarebbero ritrovate a gestire la fase più lunga e difficile della ricostruzione, ancora più impegnativa e problematica dei giorni dell’emergenza.
2. Il Piano unitario di prossimità
Il Centro di Coordinamento s’avvia e si rafforza dentro un progetto più ampio di presenza e di accompagnamento, il cosiddetto "Piano unitario di prossimità", elaborato da Caritas Italiana per il contemporaneo soccorso in tutte le zone colpite dai terremoti verificatisi in Molise, Puglia e Sicilia nell’ottobre del 2002.
Un piano di prossimità:
  • dove l’emergenza del terremoto ha provocato la Chiesa a sperimentare in modo particolare il suo essere realtà di comunione, tanto all’interno della comunità colpita quanto nei rapporti fra questa e le altre comunità, tra Chiese che si riconoscono sorelle.
  • Dove il valore più significativo dell’intervento avviato e sviluppato in questi due anni è consistito nell’essere segno di una presenza e di un amore accanto a fratelli e a sorelle nella sofferenza:
    - segno di speranza per la comunità che ha ricevuto e ha accolto la presenza di chiese sorelle. Segno capace di rinsaldare i vincoli di prossimità che la calamità naturale può avere incrinato e di sviluppare e garantire atteggiamenti di fraternità talvolta particolarmente faticosi per chi è colpito dal dramma e sta dentro una molteplicità di sofferenze e disagi;
    - segno di speranza per i cristiani delle comunità che hanno offerto la loro presenza. È un segno questo del carattere educativo che può insegnare a far maturare uno stile di vita cristiana in cui la carità diventa attenzione, compagnia quotidiana, servizio gratuito a chi viene improvvisamente a trovarsi nel bisogno e nella necessità.
3. I cammini di gemellaggio tra chiese sorelle
Le Delegazioni regionali Caritas e/o le singole Caritas diocesane, dopo una prima fase iniziale di visita e incontro con le Diocesi colpite ed i paesi gemellati hanno scelto tre distinte modalità per esprimere e realizzare i gemellaggi:
} la presenza costante a fianco delle comunità locali mediante l’invio di operatori e
  volontari, per realizzare i progetti concordati e rendere visibile ed efficace il
  rapporto di fraternità;
} la presenza in alcuni periodi (quali ad esempio: la Pasqua, l’estate, …), per
  realizzare progetti e programmi di breve durata;
} l’adesione ad uno o più programmi elaborati dalla comunità locale, attraverso il
  finanziamento economico.

Questi gemellaggi sono stati pensati con lo scopo di gettare, proprio nelle comunità provate dal sisma, un seme di speranza e di nuova vitalità che, si spera, possa continuare a fruttificare anche quando le Delegazioni Caritas saranno tornate nei luoghi d’origine poiché essi mirano:
} in primo luogo a rianimare e rafforzare le diverse pastorali (giovanile, familiare,
  sanitaria, del lavoro…) in funzione delle esigenze scaturite dal terremoto ma,
  spesso, anche preesistenti al 31 ottobre 2002;
} inoltre, a creare concrete occasioni di sviluppo (anche in termini occupazionali);
} e infine interventi di socializzazione e di promozione integrale della persona a
  tutti i livelli, nonché un’efficace animazione per bambini, giovani, anziani, famiglie,
  ricreando così le condizioni di una vita comunitaria accettabile e serena.

4. Il metodo di presenza-intervento pastorale della Caritas fatto di ascolto, osservazione e discernimento
Nello specifico le Chiese particolari, sostenute anche dalla prossimità di numerose Delegazioni Regionali Caritas hanno agito nel contesto del terremoto attraverso il metodo dell’ascoltare, osservare, discernere che si è concretizzato:

  • nella promozione di luoghi di ascolto (Centri di Ascolto) nelle tendopoli prima e nelle comunità parrocchiali poi per instaurare relazioni e farsi carico della sofferenza di chi è in difficoltà;
  • nell’attivazione di una osservazione costante realizzatasi nelle relazioni e negli incontri con la gente e attraverso una lettura strutturale di questi incontri supportata anche da una ricerca e analisi sociologica del territorio, il cosiddetto "Progetto Fenice";
  • nel discernimento, inteso come scelta di relazioni, progetti, azioni, "servizi segno", attenzioni, rivolte in maniera nuova alle persone che sono in maggiore difficoltà dentro questo contesto e – con uno sguardo anche più complessivo
    - al territorio. I servizi dei quali si sta avviando la realizzazione saranno caratterizzati da alcune scelte valoriali quali:
    - la scelta preferenziale verso i poveri,
    - la cura delle persone,
    - l’attenzione promuovente ed educativa, i cui protagonisti saranno i destinatari stessi.

5. Le scuole e i Centri della comunità
Nella fase della ricostruzione, le Diocesi coinvolte nel terremoto - grazie alla significativa disponibilità economica derivante dalla colletta nazionale promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, la cui gestione è stata affidata alla Caritas Italiana, e il sostegno mediatico della RAI e di altre testate informative - hanno individuato le comunità con maggiore problematicità:

  • Per la non agibilità di strutture aggregative a carattere sia pastorale (celebrazioni, attività catechistiche, animazione ragazzi e giovani) che sociale (ritrovo per famiglie ed anziani, spazio di aggregazione culturale, ecc) progettando e realizzando i Centri di Comunità, ossia spazi multifunzionali in cui sia possibile svolgere attività varie secondo i bisogni delle comunità locali.
  • Inoltre, ponendo attenzione alla carenza di scuole agibili nel territorio e quindi al diritto scolastico di tanti ragazzi, in tre diocesi sono state progettate e ultimate cinque scuole (materne, elementari e medie) donate alle comunità colpite.

6. I mondi del volontariato
Dopo la prima fase dell’emergenza in cui semplici cittadini e realtà organizzate si sono messi a disposizione per la cura delle persone nelle tendopoli e per il monitoraggio delle necessità della popolazione anche durante i mesi successivi grande è stata la disponibilità per poter realizzare esperienze di volontariato nei paesi gemellati.

Caritas Italiana, per permettere di vivere questa esperienza nel segno della condivisione e del rispetto delle comunità colpite dal sisma, ha proposto - attraverso uno specifico progetto - alcune semplici concrete indicazioni:

  • avere come riferimento la propria diocesi di provenienza,
  • omogeneità delle attività proposte e formazione specifica e preventiva dei partecipanti,
  • tempi di permanenza medio/lunghi e dimensione del gruppo non eccessiva,
  • no al "terremoto tour", per una presenza rispettosa degli abitanti del luogo.

Questo come proposta di uno stile di vita semplice, ospitale e aperto:

  • per far emergere la relazione, la fraternità e la gioia;
  • per favorire l’incontro e agevolare l’accesso comunicativo;
  • per proporre una presenza viva e discreta, operosa e non giudicante attraverso la predisposizione all’ascolto attivo, rispettoso e partecipato.

Sono stati più di 700 i volontari venuti in Molise nei mesi estivi; oltre alla presenza di numerosi gruppi promossi dalle Caritas diocesane e dalle Delegazioni regionali Caritas.

Le linee pastorali emerse nel cammino di due anni 2002-2004

Le riflessioni fin qui considerate possono, a partire da un fatto di morte, sofferenza e distruzione, ricondurre ad alcune semplici e ordinarie linee pastorali guida. Le propongo a partire dalla ricchezza di cammino realizzato in questi due anni. Non nascondo in tutto questo limiti e difficoltà: soffermarsi su di esse significa prenderne coscienza e individuarne possibili e pronte correzioni.

1. Cogliere le opportunità dell’emergenza per costruire la testimonianza comunitaria della carità nella quotidianità
Le buone prassi, sperimentate in circostanze drammatiche e particolari quali quelle di un terremoto, vanno diffuse in termini di stili e azioni di intervento e di strumenti per l’analisi e la prevenzione di situazioni analoghe. Camminare con le persone e le comunità vittime di un’emergenza è una forte esperienza di prossimità. Prossimità che non può fermarsi alla chiusura dell’emergenza stessa, ma ciò che si apprende, in termini di capacità di valutazione, di progettazione e di relazione deve spingere, stimolare e sostenere azioni di cambiamento nella comunità perché cresca tutta nella testimonianza della carità nel proprio territorio.

Alcuni semplicissimi esempi di azioni che possono dare valore alle esperienze degli animatori intervenuti in contesti di emergenza:

  • coinvolgere la comunità nei preparativi dell’esperienza: informazione, formazione, raccolta di materiali, definizione degli obiettivi, programmazione delle ricadute in comunità,…;
  • comunicare in maniera diffusa le esperienze in atto facilitandone il racconto delle stesse come strumento pedagogico-educativo (periodico diocesano, fogli di collegamento parrocchiali, condivisione all’interno dei diversi gruppi, nelle scuole, momenti di preghiera,…);
  • individuare gli aspetti dell’esperienza e i criteri "esportabili" nella comunità di origine, anche alla luce degli scambi avvenuti con altri soggetti coinvolti nell’emergenza: una particolare modalità organizzativa, l’attenzione ad una problematica sommersa, la revisione di stili di animazione e coinvolgimento, …

2. Distinguere l’importante anche nel caos dell’urgente
Cioè acquisire uno stile di intervento (in parrocchia, in Diocesi, in regione, in Italia e all’estero) capace di filtrare le esigenze davvero importanti, la cui soddisfazione incide sulle cause prime dei bisogni urgenti. Concretamente si tratta, ad esempio, di passare:

  • dal solo pagare bollette all’ascolto/lettura della povertà in parrocchia;
  • dalla distribuzione a pioggia delle risorse al lavoro di rete;
  • dalla colletta per l’emergenza alla progettazione di interventi continuativi, anche piccoli;
  • dal comunicato stampa che denuncia l’ingiustizia, alla ricerca sulle relative cause e sugli effetti, fino alla promozione di responsabilità tra le persone e le famiglie.

3. Avviare percorsi di ricerca, studio e formazione
Si tratta di azioni che fondano, danno gambe a qualsiasi progetto garantendone la continuità. Occorre attivare sul territorio operatori e volontari in risposta a specifici bisogni, soprattutto di tipo relazionale, senza però trascurare il bisogno di animazione e di stimolo dell’intera comunità cui sarà consegnata la cura e la presa in carico delle persone in situazione di difficoltà. Tutto questo si traduce concretamente in tre azioni principali:

  • la formazione specifica e permanente delle risorse umane;
  • la definizione di progetti mirati a medio e lungo termine, finalizzati allo sviluppo del territorio;
  • l’individuazione e l’accompagnamento di risorse locali finalizzato all’autonomia nella gestione dei progetti e allo sviluppo della comunità.

4. Inventare nei nostri territori, con creatività e fantasia evangelica, una molteplicità di presenze che dicano attenzione concreta alle persone e ai loro bisogni
Formare operatori capaci di ascoltare, osservare, conoscere, leggere con sapienza e confrontare in modo esperienziale, integrato e corretto, il vissuto di tante persone in disagio, i drammi e le difficoltà di tante famiglie è un primo, importantissimo passo.
Collocare queste risorse all’interno di luoghi riconosciuti e riconoscibili per essere a servizio dei poveri e della comunità, chiamati a fungere da costante osservatorio esperienziale dell’evoluzione fenomenica all’interno della realtà territoriale è un secondo passo che risponde alla logica educativa del servizio-segno:

  • i Centri di Ascolto delle voci e delle storie di sofferenza,
  • gli Osservatori delle povertà e delle risorse,
  • le Locande dell’accoglienza capaci di favorire prossimità e relazioni centrate sulla liberazione e promozione umana.

5. Coordinare le varie espressioni della città-territorio
Cioè facilitare il raccordo e la collaborazione con ogni ente, pubblico e privato, chiamato a costruire risposte ai diversi bisogni. Occorre soprattutto lavorare con continuità, e rispetto dei ruoli e delle rispettive responsabilità, per costruire ampie intese. Incontri, seminari co-promossi, progetti di collaborazione, ricerche comuni, rilettura unitaria delle esperienze, … È dalla sintonia di stili e valori tra soggetti diversi che nasce, ad esempio, la possibilità di studiare a fondo i problemi, da diversi punti di vista, per poi realizzare strategie capaci di considerarli a 360 gradi: dalla prevenzione alla risposta, dalla promozione all’accompagnamento, fino all’inserimento delle persone in difficoltà nell’ordinarietà della vita.

6. Decidere di mettere al centro la comunità
Cioè favorire da parte di tutti, a diversi livelli (comuni, parrocchie, oratori, scuole, agenzie culturali e ricreative, realtà lavorative ed economiche, …) l’attenzione ai problemi delle città e dei territori. Occorre individuare e moltiplicare le azioni di informazione, sensibilizzazione e animazione, superando la logica di massa, del tutti e nessuno, per studiare modalità di coinvolgimento mirate a destinatari specifici. Dalla coscienza del bene comune e dalla consapevolezza di ciò che lo minaccia potranno svilupparsi presenze attente e impegni concreti, per quanto non eclatanti, di promozione e servizio. Alcuni esempi:
} la cura delle relazioni con i soggetti che vivono maggiormente la solitudine;
} l’attenzione alla qualità educativa delle attività di animazione dei ragazzi;
} la progettazione di esperienze di servizio da proporre ai giovani, a partire dal
  servizio civile;
} l’individuazione e la condivisione di esperienze eccellenti legate allo sviluppo
  economico del territorio maturate in contesti di solidarietà sociale.

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